“Exposed: Voyeurism, Surveillance and the Camera” alla Tate Modern

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Al centro di ogni istantanea, il desiderio, condiviso, di vedere, spiare, di mettere a nudo la realtà, i difetti, le umanità. Guardando attraverso un obiettivo come se stessimo osservando attraverso il buco di una serratura..

Evans-ParquetCentralII

Alla celebre Tate Modern di Londra è in corso una mostra davvero vasta e coinvolgente dal titolo “Exposed: Voyeurism, Surveillance and the Camera”.

Allestita da Sandra P. Phillips, Simon Baker e Ann Coxon e visitabile fino al 3 ottobre 2010, l’esposizione racconta due secoli di fotografia e lo fa attraverso scatti di scene di vita quotidiana, immagini di conflitti, intimità private, di celebrità così come di perfetti sconosciuti. Al centro di ogni istantanea, il desiderio, condiviso, di vedere, spiare, di mettere a nudo la realtà, i difetti, le umanità. Guardando attraverso un obiettivo come se stessimo osservando attraverso il buco di una serratura.
Il contesto in cui le opere vengono esposte sembra essere perfetto, l’Inghilterra in generale è la nazione più video sorvegliata al mondo.



La mostra è divisa in 5 sezioni a tema. Si studiano le modalità di rappresentazione della realtà (fotografi che, mediante obiettivi nascosti hanno voluto sfidare le regole della privacy, ma anche di tutto quello che non era ritenuto lecito mostrare), i visi spenti e rugosi dei poveri immigrati immortalati da Jacob Riis sul finire dell’Ottocento a New York, i passeggeri della metropolitana diNew York, negli anni ’30, di Walker Evans, gli amanti sorpresi in atteggiamenti intimi, in locali fumosi o camere d’albergo, di Brassai; lo sguardo curioso e instancabile dei paparazzi a caccia di baci roventi, scollature o brutture delle celebrità; gli scatti notturni alla finestra.
La macchina fotografica, ad un certo punto, diventa anche strumento di veridicità e di denuncia quando ci racconta storie di violenza, morte, rivoluzione, guerre.
A chiusura della mostra, foto aeree e immagini prese da telecamere di sorveglianza, e poi un obiettivo puntato su una parete da Thomas Demand. Chi esce guarda in alto, in direzione della telecamera. Eppure siamo circondati da telecamere (la Tate Modern è piena ad esempio) e, spesso, non ce ne rendiamo neanche conto.